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Una scuola a misura di bambine e bambini con autismo è una scuola migliore per tutti

Un progetto di inclusione alle Scuole comunali di Losone ha permesso di migliorare la vita scolastica di tutte le allieve e gli allievi.

Come tante bambine e bambini della sua età, Gabriele adorava giocare con i dinosauri. Conosceva tutti i loro nomi originali in latino che amava ripetere spesso. Alla Scuola d’infanzia di Losone, però, faticava a condividere la sua passione.

 

A lezione si isolava durante le attività di gruppo. A ricreazione si nascondeva dietro lo scivolo a osservare le compagne e i compagni, facendo lunghi monologhi. A mensa mangiava poche cose, sempre della stessa consistenza e colore.

 

“Quando andavamo a prenderlo all’asilo,” ricorda suo padre Silvio Ghiggi, “la maestra continuava a ripeterci che c’era qualcosa di strano in Gabriele e che nostro figlio non era un bambino come gli altri. Noi genitori eravamo molto preoccupati, perché non sapevamo cosa avesse e come potevamo aiutarlo.” La risposta è arrivata qualche mese dopo: Gabriele ha la sindrome di Asperger, una forma di autismo.

 

Fino a non molto tempo fa questa diagnosi veniva accolta con paura e ansia da tante famiglie. La diversità, in ogni sua forma, è stata e, in alcuni casi è ancora, percepita negativamente dalla società.

 

Non fa nessuna differenza se riguarda un aspetto neurologico, l’orientamento affettivo, l’identità di genere: quando una persona non può essere inserita nei nostri schemi, rischia la disapprovazione o viene isolata. Questo può risultare particolarmente stressante per i più piccoli.

 

Quando i pregiudizi e l’avversione sono indirizzate a una caratteristica personale su cui non hanno nessun controllo perché è parte di loro, le bambine e i bambini soffrono pesantemente.

 

“L’Autismo non è una malattia, ma una condizione,” spiega Ghiggi, “un modo differente di funzionare. Tocca un bambino su 100, in particolare i maschi, e accompagna la persona lungo tutto l’arco della sua vita.”

 

Il disturbo dello spettro autistico (DSA), com’è ufficialmente conosciuto, è un diverso sviluppo neurologico di origine principalmente genetica. Nonostante quello si può immaginare, non sempre è accompagnato da una disabilità cognitiva che del resto può avere forme diverse. Come lascia, infatti, intuire il nome, l’autismo si presenta nelle persone con uno spettro di gradazioni molto differenti.

 

Per esempio, le bambine e i bambini con sindrome di Asperger non hanno difficoltà intellettuali, mentre sono più carenti per quanto riguarda le competenze sociali e relazionali.

 

Bambine e bambini con autismo sono un regalo

Dopo la diagnosi, Silvio Ghiggi e sua moglie hanno avviato un percorso di accompagnamento per Gabriele insieme alla Fondazione ARES, il centro di competenza per l’autismo per la Svizzera italiana. Christian Fischer, il pedagogista che li seguiva, ha organizzato degli interventi di sostegno con loro a casa e al contempo ha iniziato a offrire delle consulenze alla Scuola comunale di Losone.

 

“Inizialmente ci sembrava un impegno troppo grande accogliere un primo bambino nello spettro dell’autismo di livello medio,” confessa Doriano Buffi, direttore dell’Istituto scolastico comunale. “In realtà, abbiamo scoperto che quei bimbi sono un regalo.”

 

Le bambine e i bambini con autismo offrono l’opportunità per comprendere aspetti della quotidianità che diamo quasi sempre per scontati. Quando si è nella posizione di dover insegnare competenze sociali e tutto quello che ruota attorno alle relazioni, ci si rende conto che non siamo veramente consapevoli del significato dei nostri comportamenti.

 

“Quando un bambino si agita o non sta mai seduto, non lo fa mai perché vuole disturbarci,” spiega Buffi. “Come educatore, come docente devo capire che bisogno è e, quindi, costruire delle risposte per aiutarlo a soddisfarlo. E i bisogni, 9 volte su 10, sono di due tipi: o essere rassicurati, dunque ansia, o bisogno di essere visti.”

 

Questo non vale solamente per una bambina o un bambino con autismo. Ansia, desiderio d’essere apprezzati, frustrazione, sono sentimenti e bisogni condivisi da tutti, grandi e piccoli. I giovanissimi, ma anche alcune persone adulte, possono far fatica a esprimere quello che provano.

 

Una scuola per tutte e tutti, nessuno escluso

A partire dal 2018 alle Scuole comunali è stato avviato il progetto “Una scuola per tutti, nessuno escluso” in collaborazione con ARES.

 

“Sono arrivato a Losone che era già una scuola con un’anima molto inclusiva,” racconta Buffi. “Il direttore precedente, Alberto Fornera, aveva già sviluppato una solida cultura di base in tal senso. Infatti, già negli anni precedenti erano state accolte delle classi di scuola speciale.”

 

È stato, però, l’arrivo di Gabriele ad aver offerto l’opportunità per fare il passo ulteriore. La sua presenza ha richiesto di uscire dagli schemi teorici e impegnarsi a lavorare su situazioni pratiche, cercando di soluzioni concrete.

 

“Molto spesso i bambini che si alzano dal banco o si agitano, sono semplicemente in ansia, perché non sanno cosa verrà dopo,” spiega il direttore. “Abbiamo, quindi, introdotto una piccola agenda con pittogrammi con quello che succede nella giornata.”

 

Altre volte diventano inquieti di fronte a un esercizio, per esempio di 50 calcoli, perché non sanno se avranno abbastanza tempo per concluderlo. Sono stati, dunque, progettati dei nuovi esercizi autoconclusivi, in cui l’allieva o l’allievo vede che sta progredendo, perché a ogni risultato corrisponde un colore che permette di colorare un disegno.

 

“Ci siamo presto resi conto che certi strumenti e tecniche didattiche che sono usate con bambini nel spettro, sono utilissime anche per chi è senza diagnosi, ma ha altri bisogni particolari.”

 

Il concetto pedagogico della classe come ecosistema è diventato qualcosa di concreto. Tutti gli elementi di una struttura complessa sono differenti a modo loro e può funzionare unicamente, quando è in grado di accogliere le diversità di ognuno.

 

“Gli interventi hanno senso, soprattutto, quando assumono rilevanza anche per il resto della classe. L’idea è di far emergere i bisogni di chi è dentro questo ecosistema, allieve e allievi, docenti e genitori in primis.”

 

In particolare, i genitori si sono dimostrati una risorsa inattesa. Silvio Ghiggi e sua moglie sono venuti a scuola insieme a Christian Fischer e hanno avuto l’occasione di poter condividere la loro storia e parlare di autismo.

 

“Era stato un momento molto emozionante per noi genitori,” racconta Ghiggi, “un’esperienza che ci ha permesso di vedere che le altre famiglie erano interessate, ascoltavano con attenzione le spiegazioni del pedagogista e anche i nostri racconti.”

 

A scuola Gabriele ha iniziato a migliorare le sue competenze sociali ed a esprimere i suoi bisogni e le sue difficoltà con maggiore chiarezza. Ma soprattutto è lentamente riuscito a condividere i suoi interessi anche con le compagne e i compagni.

 

Un successo in crescita

Quest’estate Doriano Buffi ha, quindi, invitato tutti i genitori a scuola per presentare i nuovi sviluppi del progetto d’inclusione. Anche se adesso Gabriele frequenta la Scuola media, all’istituto comunale sono stati, infatti, accolte altre bambine e bambini nello spettro dell’autismo.

 

L’iniziativa si è strutturata con la creazione di una classe accogliente e una inclusiva. Quest’ultima è una forma scolastica ufficiale. È una classe composta principalmente da allieve e allievi di scuola regolare insieme ad alcuni di scuola speciale in una zona prossimale.

 

“Sono bambini che non potrebbero seguire un percorso regolare, ma traggano vantaggio da questo contesto grazie a un accompagnamento specifico da parte di docenti di scuola speciale insieme a una docente titolare.”

 

La classe accogliente è un progetto innovativo, dove ci sono solo bambini e bambine di scuola regolare, ma di cui tre nello spettro dell’autismo. Il risultato ha superato le aspettative. Le compagne e i compagni di questi tre bimbi sono una risorsa per loro, perché li aiutano, stanno con loro, ma allo stesso tempo questi bambini con autismo sono una risorsa per gli altri.

 

Quello che avviene in queste classi va oltre il miglioramento dell’apprendimento scolastico. Queste bambine, questi bambini sono più sereni, perché crescono con l’idea che ognuno di noi è diverso. “La bellezza sta nell’essere capaci di accogliere e valorizzare le differenze di tutte e tutti. Se riusciamo a trasmettere questo messaggio, quanto più bella potrebbe essere la nostra società?”

 

Un riconoscimento internazionale

Lo scorso ottobre il lavoro della direzione scolastica ha ricevuto un importante riconoscimento a Losanna, dove Doriano Buffi e Christian Fischer sono stati relatori al convegno internazionale “L'inclusion au-delà des murs de l'école”.

 

Il progetto di Losone ha ottenuto l’applauso del pubblico ed è stato possibile instaurare una collaborazione con un istituto canadese, dove un gruppo di ricerca universitario ha avviato un’iniziativa simile. Il prossimo passo, però, è riuscire a condividere quest’esperienza con le direzioni delle altre scuole del Locarnese e con la Sezione cantonale della pedagogia speciale.

 

“Quello che abbiamo capito a Losanna è che stanno maturando delle coscienze vere e profonde su questo tema. L’idea è, quindi, di cominciare ad allargare questa cultura alla nostra regione e magari a livello cantonale, perché si possa passare dalle dichiarazioni alla pratica.”

 

Questo vale per le scuole, ma anche per altri settori. La speranza è che questa visione inclusiva possa abbracciare anche il resto dell’amministrazione pubblica.

Lunedì 26 Dicembre 2022Ritorna

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